DICONO DI LUI

...Penso che Francesco, oltre che una bella persona di suo, sia un talento importante e una risorsa per il teatro di prosa e non solo per i prossimi anni. E' stato e sicuramente sarà ancora una colonna della generazione (ora under 40) italiana, quella di Fausto Russo Alesi / Serena Sinigaglia ecc,. Come Alesi formatosi altrove (Francesco a Roma alla D'Amico e Russo Alesi alla Paolo Grassi) è poi arrivato ai più grandi esiti anche grazie al lavoro al Piccolo Teatro sotto la guida di Ronconi. 
Io ne penso bene, anche l'immanente leviatano Klp mi fa cenno di si con la testa, quindi possiamo stare tranquilli. ...
 KLP




Francesco Colella, il teatro italiano ha premiato un talento catanzarese
E' nato, cresciuto e pasciuto a Catanzaro uno dei quattro vincitori del Premio Ubu per la categoria attori. Francesco Colella è stato scelto come migliore attore non protagonista per la sua interpretazione in ''Dettagli' di Lars Noren ed ''Il mercante di Venezia' diretto da Luca Ronconi da una giuria di critici ed esperti del settore. 'E' un riconoscimento che mi mancava - ci ha confidato Colella - che arriva in una fase della mia vita in cui probabilmente la naturale evoluzione di me come persona è passata, attraverso la scena, al pubblico' Francesco porta in sè le connotazioni di un vero catanzarese della nuova generazione cioè la determinazione a raggiungere i suoi obiettivi, la voglia di aprirsi al mondo pur rimanendo legato alla sua innegabile formazione nella sua città natale verso la quale ha anche punte di sana criticità:'Mi sembra che nel capoluogo il teatro viene visto più come un mezzo commerciale e di ammirazione dei virtuosismi di questo o quell'attore più o meno famoso ma se il teatro serve solo a dare lustro alla città allora diventa un rito appassito. Questa meravigliosa forma espressiva è soprattutto conoscenza di sé e degli altri. Vivacità culturale in una città significa anche proporre qualcosa di diverso oltre alla tradizione. Ciò che davvero servirebbe per dare nuova linfa al teatro è ristabilire una grammatica di comunicazione con il pubblico'.
Colella ha iniziato a dodici anni a frequentare le scuole di Lillo Zingaropoli prima e di Salvatore Corea, poi: 'icordo che quando andavo alle lezioni di Salvatore quei momenti per me non erano soltanto didattica teatrale ma tutto quello che c'era nel contesto, le letture che si facevano anche assieme a Franco Corapi, le musiche che loro ascoltavano, i riferimenti culturali, tutto ha contribuito alla mia formazione generale di persona'.
Un consiglio per i giovani che si accingono a studiare teatro è che il talento se c'è si coltiva e che è importante dire no, seguire una propria linea, non cedere alle lusinghe del successo facile partecipando a prodotti di sicuro richiamo ma di basso livello artistico.
Francesco Colella che è stato in città al Politeama con ''L'asino d'oro' nella passata edizione di ''Teatri di Maggio' , uscirà in autunno con un film cinematografico accanto a Silvio Orlando, in questi giorni è Renzo ne ''I Promessi sposi' del Testori di Federico Chiezzi ed il 27 maggio all'università di Bologna sarà solo in ''L'apocalisse di Giovanni' oltre che essere costantemente strumento dell'arte di Luca Ronconi al Piccolo teatro di Milano.


12/05/2010

Mario Casaburi
E' il messaggio contenuto ne, “L’asino d’oro”, la più importante opera di Apuleio, messa in scena ieri sera, al teatro Politeama, grazie all'ottima prova dell'attore, Francesco Colella, e del regista, Francesco Lagi. Ottima l'intuizione di trasformare il romanzo in un monologo preceduto dalla lezione "Animal ex anima" di Umberto Eco
E’ partito dall’Aula Magna di Santa Lucia dell’Università di Bologna l’appuntamento con leletture e riletture dei testi classici. All’apertura, affidata a Umberto Ecocon la lezioneAnimal ex animaL’anima degli animali”, è seguito un momento di teatro, registaFrancesco Lagi,  con Francesco Colella, chesotto forma di monologo, ha recitato alcuni brani  .
Lo spettacolo è proseguito l’11 maggio, al teatro “Politeama” di Catanzaro, dove, presente un pubblico attento e partecipe, molti i giovani, Colella, attore con una lunga esperienza teatrale con il Maestro Luca Ronconi, ha offerto una eccezionale prova.
A regista e protagonista abbiamo chiesto: “Come avete trasformato un romanzo,L’asino d’oro”,  in un monologo teatrale?
“Abbiamo iniziato a leggerlo insieme e mentre lo leggevamo - ha spiegato Colella - abbiamo cercato di identificare un plot, un percorso poetico all’interno del testo. Abbiamo voluto il più possibile non tradire, nella trasposizione, lo spirito dell’opera. L’idea è stata quella di rendere la narrazione in soggettiva. L’attore è il protagonista, Lucio, e con lo scorrere della storia si imbatte nei vari personaggi via via incarnandoli: un uomo abitato da tante voci. Abbiamo quindi messo a punto una scrittura fluida, liquida, che passa senza soluzione di continuità dalla prima alla terza persona e poi di nuovo alla prima”.
Offrire al pubblico di oggi un classico è particolarmente impegnativo e difficile. Colella e Lagi hanno lavorato con grande sensibilità, evitando consapevolmente i pericoli di un’attualizzazione astorica e antistorica dell’opera di Apuleio.
“C’è poco da attualizzare in realtà. I classici - ha osservato l’attore - contengono un mistero che va rispettato: c’è una distanza tra il mondo dei classici e il nostro e questa distanza va segnalata, non accorciata. Sono testi che vanno abitati come luoghi sconosciuti. L’attualizzazione, credo, finisce per impoverirli, è un cucirsi i testi addosso su misura, e così facendo i testi perdono valore. Credo si debba rispettare lo spirito delle parole, e offrire l’idea del mistero che il testo contiene. Penso che, in un caso come questo, il compito dell’attore sia offrire agli occhi del pubblico anche il disagio di abitare un tale mistero”.
Il messaggio che Lagi e Collella hanno voluto trasmettere è particolarmente incisivo, l’animalità caratterizza molti comportamenti dell’uomo.
“Il nostro è il tentativo di raccontare un mistero - hanno aggiunto i due uomini di teatro - ”. Lucio, nelle sembianze e nelle vesti di un umile animale, continuamente maltrattato e bastonato, comprende l’essenza dell’essere uomo, comprende gli uomini nel loro agire.
Colella tiene ad evidenziare “il lavoro di squadra, collettivo” del gruppo teatrale. Oltre a Francesco Lagi  ci sono le scene e i costumi di Margherita Baldoni e la partitura musicale scritta per l’occasione da Giuseppe D’Amato e Linz.
Umberto Eco si è detto entusiasta dello spettacolo e del modo di veicolare i  classici nel presente. Non si può non concordare col grande scrittore, Collella e Lagi hanno saputo offrire uno spettacolo in cui mistero, magia, amore, animalità, bestialità rappresentano la condizione dell’uomo, ne costituiscono il paradigma, hanno fatto una riflessione attualissima sulla precaria identità dell'uomo, hanno reso vivo un  messaggio culturale di alto profilo.


02/12/2009

[Teatro classico] Francesco Colella e il suo asino d'oro
Sara Trecate - 02.12.2009
Sulla ristretta superficie di una pedana circolare, il giovane Francesco Colella, volto noto ai frequentatori del Piccolo Teatro, tutto solo si trova a dar vita ai numerosi personaggi de L'asino d'oro di Apuleio, nell'omonimo spettacolo (creato insieme al regista Francesco Lagi) in scena dall'1 al 3 dicembre al Teatro Ringhiera.




Il ricco Lucio, curioso di conoscere i segreti della maga Pànfile, le ruba un unguento che per errore lo trasformerà in asino. Solo mangiando delle rose potrà tornare umano, ma prima di trovarle affronterà situazioni di ogni tipo, che gli daranno prova della crudeltà umana.
La riduzione drammaturgica del romanzo, curata dagli stessi Colella e Lagi, agile e snella scorre piacevolmente. Gli autori hanno optato per un monologo pronunciato dal protagonista Lucio, che spesso include il suo flusso di pensieri e che in diverse occasioni si trasforma nella voce di altri personaggi, in un turbinio di parole che lasciano un'impressione di surrealtà.
Gli episodi, alleggeriti, si concatenano e sfumano l'uno nell'altro, in ognuno Colella si fa carico di impersonare tutti i presenti in scena lasciando volutamente una certa confusione nella sua interpretazione: non cambia voce quando cambia personaggio e il linguaggio corporeo accenna solo minime differenziazioni. La recitazione, rapida e senza interruzioni tra un episodio e l'altro, ha un carattere trasognato. Verrebbe da pensare che la storia dell'asino Lucio sia la rappresentazione di un sogno (o di un incubo). Considerato anche che la scenografia prevede un velo che avvolge l'attore e rende confusa la nostra visuale, il dubbio resta forte.

Con l'unico attore ingabbiato in una claustrofobica struttura cilindrica si potrebbe temere uno spettacolo statico e monotono, invece Colella trova spazi imprevisti, sfrutta ogni centimetro del piedistallo, lavora con la sua fisicità per creare figure sempre nuove.
Ricorrente è l'immagine del vortice: nel cilindro, nei movimenti del protagonista, nel susseguirsi degli episodi. Il rimando è alla situazione di Lucio, imprigionato in un corpo animalesco e in un'esistenza non desiderata da cui non riesce ad uscire. Paradossalmente è proprio in queste condizioni che riuscirà a capire tante cose, ad aprirsi a nuove esperienze e a nuovi incontri, fino a diventare un asino più umano degli umani. Alla fine questa, come ogni circostanza difficoltosa che si rispetti, avrà lasciato importanti insegnamenti.

Una variegata platea, comprendente, fra gli altri, universitari, forze dell'ordine e teatranti, riempie il Teatro Ringhiera e assiste attenta al bel lavoro di due giovani in gamba. Terminato lo spettacolo, applaude convinta.