IL GATTO CON GLI STIVALI - UNA RECITA CONTINUAMENTE INTERROTTA in scena dall'11 marzo 2009


"Sospetto che sia giusto un sotterfugio per diffondere certe idee. Dovrete convenire che è un testo rivoluzionario".(Ludwig Tieck)

Il poeta romantico Tieck si serve della famosa fiaba di Perrault per scrivere nel 1844 un pezzo di satira sul teatro.
La fiaba per bambini, dove alla morte del padre il fratello più giovane riceve l’eredità più misera, e cioè solo il gatto Hinze, viene recitata in una fittizia e paradossale rappresentazione teatrale, con il crescente malcontento del pubblico, che mostra di non gradire una pièce che mescola fantasia, umorismo e satira sociale.
La fiaba del poeta, frutto di raffinata cultura sui modelli di Aristofane, Shakespeare e Gozzi, continua nel modo più classico, ma il pubblico inferocito trova assurdo che creature favolose parlino come se fossero uomini, e mostra il suo disagio con frequenti interventi che interrompono lo spettacolo. Perfino il poeta deve comparire in scena per invocare pazienza e giustificare la libera irriverenza della commedia, ma riceve dal pubblico cieco e sordo un fitto lancio di frutta marcia.
In questa facile fiaba Tieck, cento anni prima di Pirandello e di Jarry, fa interloquire, come in un gioco del teatro nel teatro, finzione e realtà, immaginando che i suoi personaggi si auto-critichino e girino il mondo in “cerca d’autore”.
Il gatto con gli stivali
ovvero
Una recita continuamente interrotta
di Ludwig Tieck
elaborazione drammaturgica Ugo Tessitore
regia Carmelo Rifici
scene Guido Buganza
costumi Margherita Baldoni
luci Claudio De Pace
musiche a cura di Emanuele De Checchi
movimenti scenici Alessio Maria Romano
con (in ordine di apparizione) Andrea Germani, Elena Ghiaurov, Gianluigi Fogacci, Silvia Pernarella, Tindaro Granata, Giuseppe Sartori, Marco Grossi, Stella Piccioni, Andrea Luini, Giovanni Crippa, Pasquale Di Filippo, Sax Nicosia, Gabriele Falsetta, Francesco Colella, Massimo De Francovich, Clio Cipolletta, Sergio Leone
voce registrata Melania Giglio

produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

L'ASINO D'ORO - UN PROGETTO DI FRANCESCO COLELLA E FRANCESCO LAGI



con Francesco Colella
scene Margherita Baldoni
regia Francesco Lagi

Al centro del racconto c’è un giovane di successo che si ritrova, in seguito a uno sbaglio durante un rito magico, trasformato in un asino. Perde all’improvviso tutto ciò che si era conquistato in una vita, non solo la sua posizione sociale ma anche la parola, la postura, la dignità dell’uomo che era e che adesso non è più. Gli rimane però intatto il pensiero, sotto la scorza asinina le funzioni dell’anima continuano a agire in modo umano. Capisce perfettamente tutto quello che gli succede intorno ma non può opporsi al suo destino di animale da fatica perché adesso è per tutti solamente un asino. È intrappolato in un corpo di bestia, nel corpo dell’animale più umile e basso. Solo mangiando delle rose potrà tornare uomo. E da qui cominciano le sue disavventure. Un viaggio nella parte oscura di noi stessi, un lungo incubo apparentemente senza uscita che ha come altra faccia l’aspetto ridicolo dell’esistenza.

L’Asino d’oro è un romanzo scritto circa duemila anni fa. È un testo denso dove ci sono dentro così tanti fatti e personaggi da apparire un percorso labirintico pieno di sorprese e insidie. Lucio, il giovane protagonista, si muove in un mondo misterioso a momenti orribile e realistico e a momenti lieve e magico, dove si ha la sensazione che possa succedere di tutto. Uomini che si trasformano in animali, rapimenti avventurosi, amori corrisposti e dai tragici epiloghi, fughe, tradimenti e cruente torture.

Un unico attore, che interpreta Lucio, dà vita all’intera vicenda. Il romanzo di Apuleio è un racconto soggettivo, in prima persona come un percorso nell’inconscio. Lo stesso attore sarà sia colui che riporta le vicende accadute sia colui che le vive in prima persona, vivendo tutti i personaggi come emanazioni di sé, subendo la metamorfosi, diventando bestia, asino, nel modo più vivo e carnale possibile. Il nostro racconto dunque non sarà lineare né definitivo. Sarà un tentativo di raccontare un mistero.

La nostra drammaturgia vuole mantenere lo spirito e la modernità del romanzo di Apuleio senza rinunciare ai necessari tradimenti verso un’ opera narrativa che non nasce per il teatro. Si vuole rendere il senso di una ricerca interiore, di un percorso attraverso le molte voci che ci abitano. Alla fine Lucio riesce a ritrovare la sua condizione umana ma è profondamente cambiato. È un percorso dentro se stesso per arrivare alla definizione di sé.

Ai due estremi del racconto ci sono un asino e delle rose. Le rose, sacre e irraggiungibili, come l’aspirazione a qualcosa di alto. La ritrovata condizione umana, che corrisponde al risveglio dall’incubo, alla fine, non è altro che la conferma di trovarsi a metà fra bestialità e purezza, fra l’animale e il divino. L’umanità di Lucio è una dimensione di mezzo che ci rivela quello che siamo. E ci dice molto dello scarto in positivo che ognuno di noi potrebbe fare, ci parla di quello che potremmo essere.

Ci pare che il mondo di oggi abbia molte analogie col mondo di Lucio. Una società in crisi, annaspante verso un’infinità di desideri e di necessità, sia materiali che spirituali. Dove i rapporti fra le persone sono dominati dalla ferocia e dalla violenza e dove prevale lo sgretolamento della dimensione collettiva. È un testo molto attuale che parla di un mondo sull’orlo di un baratro dove le paure e i timori delle persone diventano credenze e magia. Dove l’aspetto religioso dell’esistenza è vissuto in modo caotico e soggettivo perché tutti vivono ogni giorno in prima persona la crisi degli dei e l’impossibilità della loro esistenza ma anche la necessità che qualcuno ci guardi dall’alto. E il senso delle cose è ricoperto da uno strato opaco che le rende lontane e incomprensibili.

RASSEGNA STAMPA: IL MANIFESTO 16 DICEMBRE 2007
La filosofia de "L'asino d'oro" - G. Cap. - Roma
L'asino d'oro di Apoleio è una favola, ma densa come un trattato filosofico e ricca di avventure come pochi sono stati in seguito capaci di emulare. Una umanità appunto che galoppa e strepita, raglia e lacrima nelle gesta del bel giovanotto che viaggia dapprima in forme e peripezie umane, ma poi, per una magica pozione incautamente provata, continua il proprio percorso sotto forme asinine. Con una prospettiva che ha certo il peso della fatica, ma consente inquadrature e prestazioni più efficaci e paradossali che non l'abito umano.
Spettacoli e variazioni sull'Asino d'oro sono state numerose, ma non va sottovalutato l'entusiasmo con cui Francesco Colella si cuce sulla propria misura un monologo tutto da godere e da ridere (alla Cometa off, ma presto in tournee). L'attore, che è cresciuto alla scuola e negli spettacoli di Luca Ronconi, modella il testo (elaborato assieme a Francesco Lagi che ne firma la regia) sulla propria fisicità e sulla propria lingua. Inizia quasi in souplesse, ma si lascia poi trasportare del ritmo frenetico della vita mossa dalla sensualità. Con i tempi del racconto e della risata, ci conduce i quella odissea asinina alla ricerca delle fatidiche rose, unico antidoto al maleficio. Senza risparmio e con un piacere che trasmette agli spettatori, Colella macina chilometri sul suo cerchio di sale, mentre una colonna sonora di rumori e suggestioni rende il racconto quasi cinematografico.

SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE




Luca Ronconi porta in scena con un cast di giovani attori uno dei testi più belli, celebri, misteriosi e affascinanti di Shakespeare.
Il Sogno di una notte di mezza estate è l’opera di Shakespeare che rivela una maggiore libertà di fantasia. Della storia di Titania e Oberon, degli intrighi d’amore di Elena, Lisandro, Ermia e Demetrio, il regista coglie la possibilità di un «testo che si presta a più livelli di lettura, ricco com’è di simboli, allegorie, risvolti psicanalitici, spesso oscuri al suo stesso autore. Ma è anche la storia di una iniziazione all’amore, di coppie che si compongono e scompongono: quattro giovani sono alle prese con i misteri del sentimento e della passione, con la loro assoluta mutevolezza. È un’opera assai adatta a essere interpretata da un gruppo di giovani, che scoprono i trucchi del teatro come i loro personaggi restano vittime di quelli dell’amore».

locandina
Teatro Strehler
(anteprime 23-24 ottobre)
25 ottobre - 2 novembre 2008
12 - 23 novembre 2008
9 - 23 gennaio 2009

Sogno di una notte di mezza estate
di William Shakespeare
traduzione Agostino Lombardo e Nadia Fusini
regia Luca Ronconi
scene Margherita Palli
costumi Antonio Marras
musiche a cura di Paolo Terni
luci A. J. Weissbard
con (in ordine alfabetico) Riccardo Bini, Francesca Ciocchetti, Francesco Colella, Pierluigi Corallo, Giovanni Crippa, Raffaele Esposito, Gianluigi Fogacci, Alessandro Genovesi, Elena Ghiaurov, Melania Giglio, Marco Grossi, Sergio Leone, Giovanni Ludeno, Silvia Pernarella, Fausto Russo Alesi
e con Clio Cipolletta, Gabriele Falsetta, Andrea Germani, Andrea Luini, Stella Piccioni
e con la partecipazione di Jacopo Crovella, Mario Fedeli, Antonio Gargiulo, Sandro Pivotti
produzione Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa