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RECENSIONE DE IL GATTO CON GLI STIVALI SU "DELTEATRO.IT"

Il gatto con gli stivali
Chissà perché si crede che il mondo delle fiabe sia allegro e divertente mentre il più delle volte è oscuro, nero, pauroso. Anche Il gatto con gli stivali di Ludwig Tieck, fiaba famosissima scritta a cavallo fra Settecento e Ottocento, in scena con successo al Teatro Studio di Milano, lo conferma.
C'è una voce metallica (Melania Giglio) che proviene da un altoparlante e che guida l'azione, dando spesso ordini. C'è un alternarsi di luci e di ombre, un susseguirsi di colpi di scena non sempre tranquillizzanti, un certo mistero di fondo che si confonde con la meraviglia e che spinge a qualche riflessione, suggerendo emozioni. Ugo Tessitore, che ne ha curato la drammaturgia, non ci consegna parola per parola la fiaba romantica di Tieck, questa strana storia che ha per protagonista un gatto parlante, umanizzato, capitato in eredità a un ragazzo senza arte né parte e che però sa sdebitarsi nei confronti del suo giovane padrone combinandogli addirittura un matrimonio principesco e creandogli la falsa identità del Barone di Carabàs.
Tessitore, infatti, in perfetta sintonia con la regia piena di fantasia di Carmelo Rifici, pensa a questa fiaba come a una recita continuamente interrotta, puntando dunque il discorso sul teatro che si racconta e si mostra nel suo gioco e nella sua fantasia. In scena dunque ci sono dei tipi immediatamente riconoscibili da noi: l'incontentabile critico Seppia (Pasquale Di Filippo), su di una sedia a rotelle, il pubblico preparato e snob che crede di capire tutto, un sulfureo oste (Andrea Germani), il vecchio attore trombone che può contare sull'interpretazione maiuscola di Massimo De Francovich, il giovane interprete che non sa che pesci pigliare, un buffone che "fa le voci" ma che si sente estraneo a quel mondo (Giovanni Crippa), l'autore, il regista.... Un puzzle a incastro che si compone poco alla volta con il sostegno di una colonna sonora che mescola il Mozart del Flauto magico a Rossini e a Olivier Messiaen con un occhio al gatto di Alice ma anche a Pene d'amore di una gatta inglese e a Cats.
Il delizioso spettacolo di Rifici gioca a sua volta su tre piani: la fiaba di Tieck vera e propria ; l'attesa del pubblico un po' snob, dove si distingue la bisbetica coppia formata da Elena Ghiaurov e da Gianluigi Fogacci che pettegolando sono in attesa dell'andata in scena di uno spettacolo nuovo di cui non sanno nulla; il pubblico in sala - cioè noi - che vede gli uni e gli altri.
La scena (di Guido Buganza) è come un libro parlante, dove si muovono alberi "viventi" da cui escono i personaggi; da personaggi che improvvisamente si trasformano in animali alla Savinio - nei costumi di Margherita Baldoni - per poi magari riprendere le proprie fattezze. Il tutto, sotto l'occhio sornione del ragazzo vestito di bianco con la maschera bianca da gatto, che porta neri stivali a cui il bravo Francesco Colella conferisce un inquietante spessore. Lo spettacolo comincia, si interrompe, prende altre strade e ritorna poi alla fiaba da cui è partito. Fiaba, opera buffa, musical, pantomima o semplicemente teatro? Da vedere.
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___
di maria grazia gregori
(11:48 - 16 mar 2009)

RECENSIONE SU REPUBBLICA.IT

  • L'ASINO D'ORO di Colella/Lagi/Baldoni su www.repubblica.it

Recensione RE LEAR

Scritta all’inizio del Seicento, l’opera storica narra le tristi vicende di un antico monarca britannico condotto alla pazzia dal comportamento snaturato delle figlie cui aveva affidato il suo regno. Il drammaturgo inglese guardando al passato ha raffigurato il suo presente che versava in una profonda crisi. Ma ha anche anticipato il futuro. Perché sembra molto attuale il tema al centro del King Lear: l’incomprensione e il fraintendimento tra padri e figli – sul piano privato - la difficoltà e persino la paralisi del ricambio generazionale – su quello pubblico. Indicatore quest’ultimo tutt’altro che trascurabile dei momenti di stasi, di degenerazione morale, di paralisi politica di una società.

Sono tutti padri e figli i personaggi principali del dramma. Innanzitutto, il protagonista, il re autoritario e affaticato dall’età, con la colpa di esser “diventato vecchio prima di divenire saggio”, ha lo sguardo penetrante, l’espressività e la voce tonante di Ugo Pagliai, attore di consumata esperienza. Il suo Lear attraversa con equilibrio gli eccessi del personaggio: è genitore anziano, è regnante indebolito, è delirante contro gli agenti naturali, supino con la faccia rivolta a un cielo inclemente nella nota scena della landa desolata e battuta dall’uragano (l’attore viene reso ben visibile da un piano inclinato verso il pubblico). Ma lo stesso re sa anche conservare una sottile vena di leggerezza quando scherza con il suo alter ego, l’inseparabile fool (il bravo Francesco Colella). Questi scherzando dice sempre il vero e ben definisce il suo padrone affermando: “saresti stato un ottimo pazzo” (tema caro a Shakespeare quello del confine tra ragione e follia).

All’ombra del protagonista ci sono poi i figli. Alcuni positivi in virtù della loro fedeltà e lealtà ai padri (Cordelia, figlia di Lear, Federica Bern; Edgar, figlio di Gloucester, Gianluigi Fogacci) ma fondamentalmente impotenti davanti al male. Altri sono negativi, come le figlie ingrate di Lear, Goneril (la convincente Melania Giglio) e Reagan, impreparate a gestire un potere sempre bramato e ottenuto con l’adulazione, ma divise da avidità ed egoismi, incapaci di sostituire dignitosamente il genitore, prive di pietà filiale. A loro Lear dice “Vi ho dato tutto” e loro rispondono “Ed era tempo che ce lo deste”. Un altro figlio privo di rispetto, determinato ma disonesto nella sua voglia di riscatto e di libertà dal proprio destino sociale, è lo spavaldo Edmond, figlio illegittimo di Gloucester, animato dalla verve di Giacinto Palmerini.

Gli attori si muovono a ritmo di tamburi, in una scenografia essenziale, soprattutto quando rappresenta gli esterni. In aiuto dei deliri di Lear giungono videoproiettori che creano fantasmi e visioni. E che ben rendono la follia del re generata dalla follia, ancor più grande, di un mondo in cui figli e padri sono egualmente ciechi.

www.teatroteatro.it (Manuela Sammarco)

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CV SINTETICO

Nato a Catanzaro, si diploma all’Accademia “Silvio D’Amico” di Roma.

Di seguito una selezione dei suoi lavori:

· Marco Maltauro in PENSACI GIACOMINO e in LA VERA STORIA DEI BEATLES;

· Luca Ronconi in QUESTA SERA SI RECITA A SOGGETTO di Pirandello e ALCESTI di

Samuele di Savinio, quindi, al Piccolo, ne IL SOGNO di Strindberg, LOLITA di

Nabokov, PHOENIX della Cvetaeva, CANDELAIO di Giordano Bruno, INFINITIES di

Barrow, LE BACCANTI di Euripide, LE RANE di Aristofane, PROFESSOR BERNHARDI di

Schnitzler, L’ANTRO DELLE NINFE da Omero e Porfirio, il MERCANTE DI VENEZIA, SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE di Shakespeare;

· diretto da Árpád Schilling, ha recitato in RICCARDO III di Shakespeare;

· con Armando Pugliese in ESTATE E FUMO di Williams;

· con la regia di Daniele Salvo in ONEGIN di Pushkin, I SOGNATORI, RE LEAR di

Shakespeare;

· con Claudio Longhi in LA PESTE di Camus;

· con Giacomo Andrico GALILEO GALILEI UN PROCESSO;

· diretto da Monica Conti in L’INNESTO di Pirandello;

· Carmelo Rifici lo ha diretto in LA TARDI RAVVEDUTA di Giacosa, LA SIGNORINA JULIE di Strindberg, I PRETENDENTI di Lagarce, DETTAGLI di Noren, nel GATTO CON GLI STIVALI – UNA RECITA CONTINUAMENTE INTERROTTA di Ludwig Tieck;

· LA CIMICE di Vladimir Majakovskij, regia di Serena Sinigaglia con Paolo Rossi;

· I PROMESSI SPOSI ALLA PROVA di Testori, compagnia di federico Tiezzi e Sandro Lombardi.

· Ha scritto e interpretato una drammaturgia ispirata a L’ASINO D’ORO di Apuleio,

insieme a Francesco Lagi che ne ha curato la messa in scena, spettacolo prodotto da

Castello di Padernello e Teatro Stabile di Brescia;

· Ha scritto con Francesco Lagi e interpretato l’allestimento dell’APOCALISSE DI GIOVANNI;

· Al cinema è stato protagonista di LA COLLEZIONE INVISIBILE di Gianfranco Isernia;

· Nell’estate 2010 ha partecipato alle riprese del film per la regia di Francesco Lagi, prod. Bianca Film Rai Cinema, MISSIONE DI PACE;

· Ha appena concluso le riprese del film per la televisione con la regia di Alessandro Angelini, produzione Tao 2, IL CLAN DEI CAMORRISTI.

Ha vinto l’edizione 2010 del Premio UBU come miglior attore non protagonista per l’interpretazione in DETTAGLI di Noren, regia di Rifici, e IL MERCANTE DI VENEZIA di Shakespeare, regia di Ronconi.

fra_colella@yahoo.it

Blog a cura di LCBW

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